CNR - CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

 

APPORTI :


Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, avvertita l’esigenza di rispondere a quesiti e dubbi di cittadini che hanno manifestato interesse e preoccupazioni sui metodi usati per la lotta agli insetti (in particolare alla “zanzara tigre”), ha organizzato un convegno, chiamando a riferire su tale problematica, scienziati, tecnici, giornalisti ed ambientalisti. Le ricerche e le novità presentate al convegno, di cui si riporta una sintesi dei risultati, hanno suscitato un rilevante interesse anche nei media.

Dott. Vincenzo Francaviglia
Dirigente di Ricerca –CNR

Dal convegno “ZANZARE - DISINFESTAZIONI - INFORMAZIONE” Esperienze e Indagini, tenutosi il 16/05/2005 presso l’Aula Marconi del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Roma, è emersa la volontà dei Relatori di sottoscrivere un Documento comune affinché il problema in oggetto venga affrontato nel modo più opportuno e meno aggressivo possibile nei riguardi sia della Salute che dell'Ambiente.
Durante i lavori è stata criticata la facilità estrema con la quale chiunque desideri liberarsi da “insetti molesti” è autorizzato a diffondere nell’ambiente, in ogni ambiente (Aree protette e Parchi Naturali compresi), prodotti chimici tossici, ad alta residualità dichiarata, che rimangono nel suolo per 10, 20 anni e passano quindi nelle falde acquifere, inquinandole. I piretroidi e gli esteri fosforici nebulizzati nell’ambiente e comunemente usati per la lotta alle zanzare, inoltre, non sono selettivi, uccidono tutti gli insetti tra i quali, anche esemplari adulti di zanzare, ma non risolvono il problema: oltre ad avvelenare il nostro habitat, rendono più aggressivi e resistenti ai trattamenti i vari insetti non desiderati, superstiti, che, prima o poi, non saranno più eliminabili.
Il tossicologo molecolare, prof. Claude Reiss del CNRS di Parigi, ha riferito che, con la Tossicogenomica (Ricerca, su cellule umane) sono stati testati vari insetticidi, ed è risultata una inaspettata pericolosità per la salute, anche di quelli comunemente ammessi ed usati per combattere le zanzare e fino ad oggi ritenuti poco pericolosi e a basso impatto ambientale (permetrina ed altri)
Da più voci è stato ribadito che l’allarme per la pericolosità della Aedes Albopictus (la zanzara Tigre) è ingiustificato, poiché, seppure di importazione, e più aggressivo, l’insetto è innocuo nei nostri climi. Le sue punture procurano solo ponfi un po’ più rilevanti perché, il nostro sistema immunitario ancora non le conosce. Per limitarne l’azione è sufficiente usare gli stessi rimedi tradizionalmente impiegati per le altre 60 specie di zanzara, presenti nel nostro Paese.
Le disinfestazioni, giustificate solo in caso di effettiva emergenza, sono dannose all’ecosistema in generale, in particolare per gli insetti utili, le specie protette (tra cui le api, sempre più decimate dalle irrorazioni chimiche, con gravi ripercussioni sui raccolti) e per gli uccelli, predatori naturali degli insetti nocivi.
La produzione di orti e frutteti, raggiunta dagli insetticidi, non può essere raccolta e consumata prima che sia trascorso il periodo di tempo necessario al decadimento della tossicità del principio attivo, che varia a seconda dei prodotti usati, ma non sempre i cittadini ne sono avvisati e i trattamenti, ripetuti, trasformano i prodotti coltivati in pericolosi veicoli di malattie, anche a lungo termine.
Nonostante ciò, ogni condominio o Comune, senza emergenze, senza alcun controllo da parte delle Autorità Sanitarie, senza bonifiche dei focolai può, attualmente, a suo piacere, far intervenire una ditta privata che nebulizzi insetticidi, con cannoni o pompe a lunga gittata, per cercare di liberarsi da punture moleste sì, ma non pericolose. Ogni cittadino, con grande leggerezza, può far irrorare le sostanze di sintesi nelle sue proprietà, anche all’aperto, senza tenere conto dei diritti di chi non vuole che il suo habitat venga inquinato.
Ormai ciò che dovrebbe essere applicato solo in gravi emergenze, è divenuta una sorta di moda, una “pratica igienica” preventiva, mentre dal Convegno è emerso che il vero pericolo non sono le zanzare, ma i veleni che vengono, con grande abbondanza e leggerezza, irrorati dappertutto. L’alta temperatura dei muri, in estate, continuerà, inoltre, a diffondere le sostanze nell’ambiente, per evaporazione e nebulizzazione aerosolica.
I Relatori, per favorire l’equilibrio naturale e per evitare pericoli per la salute e per l’ambiente, sono stati unanimi sulla necessità di liberare risorse ed idee nel settore della Ricerca nell’ambito delle biomolecole (molecole di derivazione naturale) per sostituire gli attuali pesticidi di sintesi.
Nel frattempo, invece di continuare a permettere di irrorare sostanze chimiche, sarebbe opportuno divulgare, applicare ed incentivare tecniche naturali e selettive già sperimentate come, ad esempio:

  • l’impiego dell’olio di Neem, insetticida naturale selettivo (non uccide gli insetti utili e non è tossico per persone e animali) che interviene sia sugli adulti che sulle larve, ostacolando la riproduzione delle zanzare. (“Studio e sviluppo di bioinsetticidi per il controllo di Aedes Albopictus (Zanzara tigre) - Ricerca congiunta ENEA BIOTEC - Università di Roma “La Sapienza” – per l’utilizzazione e valorizzazione del pannello esausto di Neem (Neem-cake).
  • la sterilizzazione mediante raggi Gamma e conseguente liberazione nell’ambiente dei maschi della Zanzara tigre. Le femmine si accoppiano una volta sola e se ciò avviene con i maschi sterili, non ci saranno larve. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo)
  • dove possibile, (in centri residenziali, zone di campagna, parchi, giardini, cimiteri, periferie, ecc) favorire l’impianto di una rete di “giardini acquatici” con l’introduzione delle Gambusie Affinis (i pesciolini delle zanzare) capaci di predare, ciascuno, fino a 150 larve di zanzara al giorno (Giardini di Ninfa).
  • l’introduzione nei tombini di microcrostacei ciclopoidi, ottimi predatori di larve. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo).
  • l’impiego, in stagni e risaie, del Bacillus Thuringiensis israelensis che, predato dalle larve dei culicidi, le uccide in poche ore.
  • l’impiego, nelle zone costiere, dell’Aphanius Fasciatus, altro pesce eccellente distruttore di larve. Nelle fasce sperimentali in cui è stato introdotto ha azzerato la popolazione larvale. (CAA - Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli” di Crevalcore (Bo) ).
  • il favorire l’aumento della popolazione degli uccelli insettivori (rondini, balestrucci, pipistrelli, ecc), agevolandone la nidificazione, anche sorvegliando o impedendo le attività venatorie.

Poiché la lotta agli adulti si è rivelata oltretutto parziale e non risolve il problema, i metodi da continuare ad applicare e sperimentare, sono soprattutto, oltre la prevenzione, quelli che intervengono direttamente sulla distruzione delle larve e, nell’attesa di altre novità da parte dei Ricercatori, occorrerà far applicare i tanti altri metodi naturali conosciuti e sperimentati come efficaci, continuando ad informare la popolazione ed a richiederne la fondamentale collaborazione, in ambito domestico, per prevenire e arginare la proliferazione degli insetti.
Opinione comune è stata inoltre la necessità di vietare qualsiasi forma di disinfestazione chimica nei Parchi Naturali e nelle Aree protette.

Roma, 16 luglio 2005

 

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PARERI DEI RELATORI :

Prof. CLAUDE REISS


Direttore di Ricerca del CNRS di Parigi (per 40 anni)
Direttore del laboratorio di Biologia Molecolare (per 30 anni) Presidente dell’Associazione “Antidoti – Europa” per le conseguenze dei prodotti tossici sulla salute (Francia).

I pesticidi sono stati concepiti per uccidere piante, insetti, funghi etc. Dovrebbero produrre dei benefici, aumentando i rendimenti, preservando i raccolti e le sementi, eliminando i parassiti dai campi, dai giardini, dalle case. Tuttavia, l’uso e l’abuso dei pesticidi presenta due problemi:
• uno riguarda il nostro ambiente e la biodiversità,
• l’altro la nostra salute.
L’eliminazione massiccia di specie d’insetti nelle loro rispettive nicchie ecologiche comporta una serie di problemi che sfuggono completamente al nostro controllo: vengono eliminate specie utili che si trovano nelle vicinanze (impollinatori, api per esempio) o specie toccate indirettamente (uccelli, per esempio), perché si nutrono degli insetti eliminati.
La liberazione della nicchia ecologica è rapidamente seguita dall’invasione di un’altra specie con attività ancora poco o per nulla conosciute, fino ad arrivare a sconvolgimenti a cascata della biodiversità con conseguenze per noi imprevedibili, tanto tutto ciò è complesso e potenzialmente dannoso per l’uomo.
C’è poi il rischio che i pesticidi rappresentano per la nostra salute.
In un primo tempo ci è stato assicurato che non sono pericolosi l’uomo, ma che, anzi, sono a suo favore (caso del DDT e l’eliminazione della malaria nell’Europa mediterranea).
In seguito all’evidenza del contrario, sono state stabilite delle norme (dose giornaliera ammissibile, DGA) tese a garantire la nostra sicurezza sanitaria e sono stati ritirati i pesticidi più dannosi (che l’Industria stessa ha qualificato “I 12 sporcaccioni”, tra i quali il DDT ed il Lindano.)
Per una serie di ragioni, le DGA non offrono nessuna garanzia per la nostra salute:
• la persistenza di pesticidi nell’organismo può essere calcolata in mesi od anni: le dosi giornaliere si accumulano e finiscono per creare nell’organismo delle concentrazioni di gran lunga superiori;
• la maggior parte dei pesticidi è solubile nelle sostanze grasse ed oleose e vanno a concentrarsi nei tessuti adiposi in dosi ancora maggiori;
• finiscono per trovarsi in compagnia di altri pesticidi ed altri prodotti chimici, anch’essi reattivi, combinandosi a formare delle sostanze dalla pericolosità sconosciuta;
• infine, la nozione stessa di dose è criticabile. Per esempio, certi insetticidi mimano l’effetto degli ormoni. Ora, sappiamo che una molecola d’ormone, che pesa un millesimo di miliardesimo di miliardesimo di grammo, può indurre una cellula a proliferare.
I recenti progressi delle biotecnologie hanno permesso di praticare dei metodi che consentono di determinare, con sicurezza e tutte le necessarie garanzie scientifiche di rigore, gli effetti tossici di una data sostanza sull’uomo.

La TOSSICOGENOMICA, specialmente, permette di osservare in una cellula umana, quali sono gli effetti di una sostanza messa in sua presenza, e le sue reazioni per proteggersene, riparare gli eventuali danni ed eliminare la sostanza.
La TOSSICOGENOMICA è stata applicata da un laboratorio tedesco, su alcune cellule del fegato e neuronali, per la valutazione della tossicità di 15 insetticidi comunemente utilizzati contro le zanzare,.
I risultati mostrano che questi insetticidi, messi in presenza di cellule umane in coltura, sollecitano massivamente molteplici geni che intervengono nella carcinogenesi, la neurotossicità, lo stress metabolico, mimano l’effetto degli ormoni ed interferiscono con i geni implicati in una famiglia di patologie, di cui, Alzheimer , Parkinson , Creuzfeld - Jacob, diabete 2, sclerosi a placche, alcune forme di cancro……
Tali risultati non sono affatto ambigui: i 15 insetticidi alterano, senza eccezioni ed a diversi gradi, il comportamento di numerosi geni implicati nelle 6 categorie patologiche nelle 2 linee cellulari testate.
Cosiderando che ciò che è tossico per le sue cellule lo è altrettanto per l’uomo, possiamo concludere che l’impiego di questi insetticidi comporta un rischio sanitario certo, specialmente riguardo al cancro e alle patologie degenerative. In maniera particolare vorremmo attirare l’attenzione sul rischio sanitario che corrono i bambini per quanto concerne lo sviluppo neuronale (autismo) e l’impostazione, nei maschi, dei caratteri sessuali secondari.
È , dunque, urgente che gli insetticidi in questione e, probabilmente, molti altri da esaminare con la TOSSICOGENOMICA, vengano ritirati dal nostro ambiente e, in primo luogo, dalle nostre case, dai nostri giardini e dalla nostra alimentazione, in particolare quella destinata ai bambini e alle donne incinte. Un gran numero di questi pesticidi è stato recentemente trovato, infatti, nel cordone ombelicale dei neonati.
Per dare un’ultima informazione, stimiamo che 1 milione di persone muoia ogni anno a causa di forme di cancro che sarebbe potuto essere evitato se fosse stata effettuata una sufficiente prevenzione sui prodotti chimici responsabili di aver causato questi tumori.

Un rapporto dettagliato su questi studi è reperibile presso
ANTIDOTE EUROPE
26 rue de Cernay
F91470 Les Molières (Francia)
Sarà consultabile sul sito www.antidote-europe.org.


Prof. VITTORIO MARCHI

Fisico e Ricercatore - Università “La Sapienza” Roma

“LA LOTTA ALLE ZANZARE”

VERSO UN MONDO LIBERO DAGLI ECCESSI:
VELENI, INFESTAZIONI, INSETTICIDI
CONTAMINANTI, SOSTANZE CHIMICHE E TOSSICHE

“Non dobbiamo cadere nel dualismo io e la natura, io e l’ambiente: noi siamo l’ambiente, nel vero senso della parola.”
Negli ultimi 50 anni l’ uomo ha immesso nell’ ambiente 80.000 nuove sostanze chimiche, in gran parte tossiche, con una produzione che oggi si aggira sui 400.000 milioni di tonnellate l’ anno. E ne è interessata, per interconnessione indivisa, ogni area del pianeta.
Tempo fa il WWF ha effettuato un bio-monitoraggio su 18 volontari ( 6 donne e 12 uomini ) scelti a caso nel mondo della politica (tra cui parlamentari e ministri dell’Ambiente europei) e dello spettacolo (tra cui alcuni giornalisti).
Ed ecco i risultati resi noti nel corso del convegno: “Sostanze chimiche e tossiche” , organizzato dal WWF presso l’ Istituto Superiore di Sanità:
• tutti i soggetti sottoposti al test per scovare nel sangue sostanze tossiche di origine chimica sono risultati contaminati da metalli pesanti (piombo mercurio, cadmio);
• nel 94,4% dei casi testati sono stati trovati PCB (( Policlorobifenili, classificati da IARC (International Agency for Research on Cancer) come “ probabili cancerogeni per l’uomo” ));
• nel 91,6% c’ erano tracce di pesticidi clorurati (responsabili dell’ alterazione della fertilità e dell’ induzione di malformazioni );
• nel 72,2% sono stati scovati idrocarburi policiclici aromatici (cancerogeni e mutageni);
• nel 66,2% si sono trovate diossine (riconosciute come cancerogeno umano da IARC nel 1997 e noto interferente endocrino).
In pratica nei soggetti sottoposti ad analisi sono stati individuati ben 65 contaminanti di provata tossicità, per un ammontare del 59% dei 111 inquinanti ricercati.

Questi gli allarmanti risultati del campione umano testato: in media ogni volontario presentava nel sangue un contenuto di 47 contaminanti, mentre il soggetto più “colpito” ne possedeva 59.
Desta stupore come un “vecchio contaminante” quale il PCB, che insieme al DDT non vengono più utilizzati da molti anni nelle nostre aree geografiche, siano stati rilevati ancora presenti, sia pure in tracce, nell’organismo umano, mentre al loro posto ne sono stati trovati altri, come il PBDE (Polibromodifenileteri) di cui non si conosceva la presenza nell’ uomo.
Naturalmente gli anti-allarmisti osservano ed obiettano che il campione è limitato e che le concentrazioni tossiche ritrovate nei soggetti testati sono modeste e non indicano un danno “immediato” per l’ organismo.
Il rilievo tuttavia non esclude che tutti questi contaminanti vengano considerasti potenziali “interferenti endocrini”, tossici per la tiroide e per il sistema immunitario. E che i primi a farne le spese e ad essere esposti ai maggiori rischi siano proprio i bambini.
Nel rapporto tra l’ uomo e l’ ambiente acquatico nelle aree costiere, stagnanti o paludose dei bacini interni del territorio della nostra penisola sono tuttora presenti aspetti conflittuali. Uno di questi ci porta al tema della lotta alle zanzare.
I recenti casi di interventi larvicidi ed adulticidi appaltati a ditte specializzate nella disinfestazione delle zanzare, tramite l’ uso di pompe a spalla, nebulizzatori, bracci telescopici montati su automobili fuoristrada e persino di aerei che usano il sistema aerosol, sono cause di danni ambientali incalcolabili, provocati principalmente dall’ uso di prodotti insetticidi (“piretroidi”), con inquinamento delle falde, riduzione della biodiversità, perdita di fertilità dei terreni, etc….) con il loro insieme di ricadute sulla salute dell’uomo (aumento del tasso di tumori nella popolazione, aumento delle allergie e intolleranze alimentari, sclerosi a placche, diabete-B, Alzheimer e Parkinson) hanno evidenziato l’insostenibilità delle attuali e convenzionali metodiche nella lotta a questi insetti.
Come reazione a questi pericoli si è sviluppato negli utilizzatori un crescente interesse verso quello che è comunemente detto “ il formulato micro-biologico” BTI come soluzione integrativa e/o alternativa al contaminante trattamento chimico, alternativa ritenuta la giusta soluzione a queste problematiche ed allo strapotere delle multinazionali.
Ora, poiché per lo spopolamento delle zanzare e per l’ annientamento dei loro focolai gli interventi di settore sono effettuati in maniera indiscriminata con un largo impiego di contaminanti chimici, la domanda è: cos’è il biologico? Chi lo garantisce? Come viene controllato e qual è la serietà di tali controlli?
Abbiamo ritenuto indispensabile valutare la lotta biologica ( organic in inglese o ecòlogica in spagnolo ) alle zanzare in una ottica critica cercando di individuare il raggiungimento dei risultati per mezzo di una produzione che permette di ottenere i prodotti senza l’ utilizzo, in nessuna fase di produzione, di sostanze chimiche di sintesi. evidenziando i limiti e le potenzialità di questo ultimo settore.
Cos’è il “biologico”?
Si sviluppa attraverso un più corretto rapporto fra territorio e ambiente, nel rispetto della naturalità e della intangibilità di ogni ecosistema. Utilizza nel miglior modo possibile le catene biologiche della natura e valorizza al massimo le risorse territoriali, ambientali e naturali. Presta più attenzione ai possibili effetti negativi sulla salute dell’uomo e sull’ambiente.
A differenza di quanto si possa credere, le pratiche alternative applicate non rappresentano un ritorno al passato, quando non esistevano sostanze chimiche di sintesi, ma un salto nel futuro.
In questi ultimi anni infatti l'agroecologia ha messo a punto sistemi scientifici naturali di difesa dalle zanzare, ricorrendo, tra l’altro, al metodo larvicida naturale chiamato “Gambusia affinis”, un pesciolino che è stato introdotto in Italia negli anni 20, per sconfiggere l’ Anofele.
Gli effetti si sono visti. Per combattere i parassiti e questi insetti fastidiosi, molto bene ha funzionato la lotta biologica. Ricordando che una soluzione integrativa è stata individuata anche inserendo i bacilli utili, tipo il Bacillus Thurigensis Israelensis, micro-organismi che determinano la morte delle larve di zanzara, o al limite le trappole ai ferormoni che attirano i maschi della specie o altre trappole ad emissione di CO2 , emanata dal ghiaccio secco, che attirano le zanzare femmine adulte.
Queste soluzioni, basate su nuove tecniche di monitoraggio, hanno dato ottimi risultati e la loro efficacia è stata misurata sulla base della raccolta di una notevole minore quantità di zanzare che si registra nei giorni successivi al trattamento.


Dott. LAURO MARCHETTI
Sovrintendente dei Giardini di Ninfa (Latina)

“LA SCIENZA DELLA NATURA”

Una delle risoluzioni dell’UNESCO cita:
“ Un Paese o una città si giudica da come sa gestire il proprio ambiente naturale”

I fatti riportati si riferiscono a diverse esperienze svolte nell'area pontina, notoriamente conosciuta come fra quelle maggiormente interessate da copiose presenze di zanzare e, soprattutto, per il suo recente passato di area a forte impatto malarico. La malaria è stata debellata, come è ben noto, con l'utilizzo di massicce immissioni di DDT, i cui residui, dopo settanta anni, sono ancora presenti.
La particolare morfologia e l’assetto idrico della pianura pontina rimangono, però, molto favorevoli alla proliferazione dell'insetto la cui presenza, anche se non più portatrice di malaria, è ancora ben evidente.
Insieme alle associazioni ambientaliste, a metà degli anni '70, con molta fatica, riuscimmo ad impedire che l'area dove esiste l'Oasi di Ninfa, fosse irrorata di insetticidi da parte delle amministrazioni pubbliche. Pratica molto comune nel resto del territorio.
Ma il problema rimaneva.
Decisi allora di avviare, nel 1974, un esperimento limitato all'area intorno alla mia abitazione, proprio ai bordi del perimetro dell'Oasi. Ero a conoscenza che un pesce, piccolo e poco conosciuto in zona, la Gambusia Affinis, era particolarmente aggressivo nei confronti dell'insetto e delle sue larve. Bisognava, però, attrarre il più possibile le zanzare dove il pesciolino era stato introdotto. Cosa fare? Manualmente realizzai uno stagno di dieci metri per cinque e per limitare al massimo i costi lo impermeabilizzai con un telo di plastica (quello usato nelle serre). Ricoprii il fondo con dieci cm di terra e piantai subito alcune specie di erbe ossigenanti oltre ad alcune ninfee. Costo dell'operazione 30 €. All'inizio l'acqua era torbida e lo stagno aveva un aspetto assai deprimente. Dopo alcune settimane l'acqua tornò ad essere limpida e dopo due mesi lo stagno aveva l'aspetto di un giardino acquatico attraente. Subito dopo furono immesse alcune coppie di Gambusie. Fu notato immediatamente un aumento di zanzare che trovavano nello stagno il luogo ideale per riprodursi. Oltre a quelle abituali, ne vennero molte altre (migliaia) dalle vicinanze.
Ma la trappola era pronta.
I pesciolini iniziarono così a mangiare freneticamente le larve degli insetti, tant’è che le zanzare in poche settimane iniziarono a calare di numero in quanto i nuovi nati, predati continuamente, non compensavano la mortalità naturale degli adulti. Il risultato fu un successo insperato, arrivando ad una riduzione dell'80% se non più della presenza delle zanzare, ormai a limiti del tutto tollerabili, tanto da consentire agli abitanti del quartiere di dormire con le finestre aperte
Dopo circa trent’anni, a ridosso del Giardino di Ninfa, è stato creato un nuovo parco di 100 ettari, di prossima apertura pubblica, di cui 20 sono stati allagati per ricreare una porzione delle famose paludi pontine. Tale iniziativa ha generato uno scontro senza precedenti tra la Fondazione Caetani, che ha realizzato le paludi, e la popolazione locale, che, unitasi in apposito comitato di opposizione, ha avviato una gigantesca campagna di stampa e cause legali contro di noi. Il motivo dello scontro era appunto il pericolo di far invadere il territorio di zanzare, fino al punto di accusarci di ricreare le condizioni (!) per il proliferare della malaria.
Da parte nostra, fatte le paludi, abbiamo immediatamente immesso migliaia di Gambusie sulla scorta dell'esperienza sopra citata.
Senza prolungarmi troppo, il risultato è presto detto. Non solo gli abitanti hanno dovuto ammettere che le zanzare non sono aumentate, se non diminuite, ma con grande sorpresa anche nostra, passeggiando di sera, tra le paludi, vediamo "ogni tanto" una zanzara!!!
Come scrive il noto entomologo medico, prof. Enrico Stella, docente di Parassitologia all'Università "La Sapienza” di Roma, da noi interpellato per un parere scientifico:
"Vorrei ricordare che un ambiente paludoso tipico delle acque stagnanti è di gran lunga più sano e sicuro di tante zone periferiche delle nostre città, dove il degrado ambientale favorisce il pullulare di insetti molesti e nocivi. La costituzione di focolai larvali ad elevata densità di zanzara comune e di zanzara tigre risulta agevolata dallo scorretto smaltimento di acque piovane e luride, dall'inquinamento organico, dalla stagnazione nei sottovasi, barattoli di bibite, copertoni d'auto e pozzanghere nel suolo dissestato."
Per poter garantire un efficace controllo delle zanzare da parte della Gambusia è necessario che nello stagno, o stagnetto che sia, non ci siano altri pesci e fare in modo che nell'area che si vuole bonificare per via naturale non ci siano altre possibilità di riproduzione delle zanzare come ricordato nella frase precedente.
Chi volesse creare una "trappola-stagno" non abbia timore di avere poi acqua torbida o maleodorante e fastidiosa. Le erbe ossigenanti e le altre piante manterranno l'acqua pulita, sana e senza bisogno che sia corrente, ma sarà necessario aggiungere di tanto in tanto soltanto quella che evapora naturalmente.

 


Dott. ANACLETO BUSA’


Chimico e Ricercatore (Roma)
Coordinatore delle Segreteria Nazionale dell’Associazione “Ambiente e/è Vita”.
Membro del Ministero dell’Ambiente per la stesura dei testi unici ambientali.
Consulente della Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti.

“LOTTA alla ZANZARA TIGRE”

A margine dell’interessante Convegno tenutosi in data 16 - 5 - 2005 al CNR di Roma, il coordinatore della segreteria nazionale dell’Associazione Ambiente e/è Vita Dr Anacleto Busà , presente con una sua relazione, coglie l’occasione per ribadire il punto di vista associativo: occorre che le Istituzioni nazionali e le amministrazioni locali riflettano e agiscano di conseguenza su un dato: la lotta chimica agli insetti indesiderati (come la zanzara tigre) e l’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura in quantità sempre più massicce e spesso applicate ai suoli in maniera indiscriminata non disdegnando di ricorrere al mercato nero assolutamente fuori da ogni controllo, stanno gravemente danneggiando il nostro pianeta con effetti imprevedibili sulla salute delle presenti e delle future generazioni. Non è questo un buon esempio di sostenibilità ambientale e va contrastato con ogni mezzo. Sono ormai consolidati e utilizzabili sistemi di lotta biologica assai efficaci, meno invasivi e atossici per l’uomo e l’ambiente. Nella lotta alla zanzara tigre poco spazio deve essere lasciato ai privati che utilizzano, spesso in maniera indiscriminata, ogni sorta di sostanze chimiche fuori da ogni controllo. Ogni Comune da parte sua, deve censire tutte le aree a rischio per la salute dei cittadini e programmare interventi mirati annuali di lotta biologica.

 


 

Dott. FULCO PRATESI


Presidente WWF ITALIA (Roma)

Che ci si debba impegnare contro l'invasione della zanzara tigre nessuno può negarlo. E' però necessario utilizzare metodi che possano essere più efficaci e meno dannosi per gli ecosistemi. La profilassi attuata contro gli insetti allo stadio larvale può essere effettuata, meglio che con insetticidi, attraverso l'eliminazione dei depositi di acqua stagnante, l'inserzione, nei sottovasi, di sostanze repellenti come frammenti di rame e infine utilizzando l'azione insettivora di rane, tritoni, girini, pesci, come ad esempio le Gambusie.
L'irrorazione di insetticidi all'aperto contro gli individui adulti, oltre a costituire un problema per la salute umana e di molti animali insettivori, provoca l'eliminazione di ogni forma di invertebrato, riducendo fortemente le possibilità di alimentazione per uccelli, pipistrelli, lucertole, eccetera.

 


 

Prof. CARLO CONSIGLIO
Entomologo e Zoologo
Già Ordinario di Entomologia e Zoologia – Università “La Sapienza” Roma

È assurdo fare la lotta alle zanzare adulte. Si spargono insetticidi nell'ambiente, uccidendo farfalle, libellule, api, ed anche qualche zanzara. Inoltre si avvelena tutto l'ecosistema, perché i prodotti persistenti passano da una specie all'altra.
E questo quando esiste la possibilità di fare una lotta mirata, basata sulle conoscenze etologiche delle specie bersaglio.
Ricordo una conferenza del grande ecologo americano Barry Commoner. Disse che, per ammazzare una mosca, si può sparare con il cannone. La mosca muore, ma la casa crolla.

 


 

Dott.ssa FABRIZIA PRATESI de FERRARIIS
Coordinatrice Comitato Scientifico EQUIVITA (Roma)

Quali che siano i metodi biologici che verranno scelti per controllare le zanzare, va ricordato che, per noi, assai più della convivenza con le zanzare, sono dannose altre due convivenze, che hanno determinato il nostro modo - errato - di affrontare tali insetti:
1) La convivenza con una visione della scienza e delle sue applicazioni che vede nella materia vivente una somma di rapporti lineari causa-effetto, e non vede la complessità delle relazioni dentro agli ecosistemi, né i delicatissimi equilibri raggiunti attraverso i millenni con la selezione naturale. I danni provocati all’ambiente ed alla salute umana dalle lotte chimiche agli insetti non sono che un esempio di questa visione “riduzionista” (o meccanicista), alla quale dobbiamo anche l’uso della sperimentazione animale nella ricerca medica. L’unica arma di cui potremo disporre per controllare e regolamentare l’immissione di sostanze chimiche nell’ambiente, la direttiva europea REACH, oggi in discussione, rischia di essere del tutto vanificata dall’intento in essa espresso di valutare la tossicità delle sostanze attraverso il modello animale. Le risposte fornite dall’animale da laboratorio non hanno infatti alcuna validità scientifica o predittività per l’uomo.
2) La convivenza con una politica internazionale che, attraverso il WTO, delega il ruolo di comando ai poteri economici, in modo tale che la difesa della salute e dell’ambiente siano quasi sempre secondarie agli interessi privati delle industrie chimico-farmaceutiche.